#SenzaRotta N. 2 - Social etici: Riflessioni e consigli.
Come stare col proprio brand in maniera etica sui social? I social sono davvero democratici e di tutti? Tempo di lettura: 15 min.
Torno a parlare di social per raccontarti le mie riflessioni degli ultimi mesi e anni, che ora trovano una forma più definita anche alla luce di quanto sta accadendo in queste settimane su Twitter.
Se non sai cosa stia accadendo su Twitter...non vorrei bucare la tua bolla dorata quindi, nel caso la curiosità ti travolga, ecco due spilli [1 - 2]
[Leggi la puntata precedente del 2018 sul mio blog]
Il problema è che, se hai un'attività, è probabile che tu non possa a fare a meno di stare sui social, almeno per ora. Non possiamo (ancora) permetterci di dire “chiudo tutto” e tanti saluti.
Sui social dobbiamo starci, li dobbiamo usare, pena lo sparire dagli orizzonti dei nostri clienti. Al tempo stesso è diventato sempre più difficile avere a che fare sia con gli algoritmi, sia con le persone che stanno sui social (o su alcuni social) in maniera tossica, sia con chi questi social li possiede (vedi Twitter).
Quanto segue è il mio tentativo di "metterci una pezza": ragioniamo insieme se e come sia possibile stare sui social coi nostri brand senza sentirci delle cacche che contribuiscono ai loro meccanismi deleteri.
Per anni abbiamo trattato i social come strumenti al pari di coltello e forchetta, quindi intrinsecamente neutri, "dipende dall'uso che se ne fa", ci dicevamo (io almeno, me lo dicevo).
I social, però, non sono etici di per sé, perché non nascono neutri. Oramai ricerche e inchieste effettuate su ogni social e azienda che li gestisce hanno evidenziato che contengono a ogni livello i pregiudizi di chi li ha creati e di chi ci lavora, ovvero di solito maschi bianchi etero-cis abili e benestanti. Se negli ultimi anni si era iniziato a prestare più attenzione a questi bias all’interno delle aziende (Twitter, Meta, Google, ecc.) purtroppo c’è stato un recente regredire fatto di licenziamenti. Questi team sono stati sbaraccati nonostante spesso fossero già troppo piccoli per far fronte alle necessità reali di aziende così grandi [fonte 1, fonte 2, fonte 3].
Inoltre, seppure agli albori alcuni social avessero scopi, millantati o reali, di mettere in connessione le persone (non si chiamano social per caso), siamo oramai al punto in cui hanno come unico scopo fare soldi per gli investitori, con tanti saluti al resto.
Avrai notato che su alcuni social è sempre più difficile vedere i contenuti delle persone che segui a favore invece di contenuti sponsorizzati, no?
Ciò non sarebbe un problema se per arrivare a questi guadagni i social non si fossero evoluti in modo da ignorare o addirittura a volte ledere il benessere di chi li usa, fino ad arrivare a casi estremi come il genocidio dei Rohingya in Myanmar che ha visto FB in un ruolo strumentale.
Si può stare sui social in maniera etica?
Di seguito alcuni miei consigli, frutto di riflessioni e ricerca negli ultimi anni, che penso siano alla base di un utilizzo etico dei social.
1-
Ricordati che i social sono fatti di persone, tratta quindi gli altri utenti come esseri umani. Disumanizzare l'altro è sin troppo facile in un periodo storico in cui si tende a creare categorie contro cui scagliarsi.
Il mio consiglio è di evitare le crociate che beneficiano solo chi le indice, ovvero chi ha già dei privilegi.
2-
I social sono costruiti con l'intento di catturare l'attenzione e il nostro tempo, perché più ore passiamo sui social e più pubblicità vediamo e i social vivono dei soldi degli inserzionisti. Limita il numero di contenuti che pubblichi per non andare a nutrire questi meccanismi. Usa gli strumenti che i social ti forniscono per rendere i tuoi contenuti sempre accessibili e non nutrire la FOMO (fear of missing out) di chi ti segue; per esempio, se fai delle storie mettile nelle storie in evidenza, eccetera. So che a volte questi meccanismi sono alla base del marketing dei brand ma si può farne un uso parco e mirato.
3-
Non trasformare ogni aspetto della tua vita e in particolare di quella di chi ti sta intorno in contenuto. Puoi farlo con la tua, di vita, ma almeno chiedi il consenso prima di far diventare ogni persona a te vicina un post, un reel, o una storia. Capisco che quando si condivide molto coi propri follower si voglia renderli partecipi di gioie e dolori della propria vita, ma chiediti quanto sia giusto andare a instigare in chi ti segue l’insaurarsi di relazioni parasociali con te con l’unico fine di spingere poi le persone a comprare dal tuo brand.
NB. Questo non è un giudizio su chi condivide molto, solo il tentativo di far riflettere su questo tipo di gestione dei social.
4-
Evita di pubblicare informazioni o foto o video di minori, anche se sono i tuoi figli. Sono persone che non possono ancora esprimere un consenso informato, anche se glielo chiedi, perché non sono consapevoli del pieno effetto e delle conseguenze di questo consenso sulla propria vita presente e futura. Per questo motivo sei tu che devi proteggerli. Senza contare che potrebbero aversene a male in futuro, come è accaduto per tant3 figli3 di personaggi famosi. A prescindere dai risvolti legali, a mio avviso, usare i propri figli per generare contenuti per il proprio (personal) brand è quantomeno discutibile, così come lo è creare un intero brand intorno all’immagine dei propri figli minorenni.
5-
Non pubblicare senza permesso le foto o video di persone che incontri in giro, per strada, in metro, al mare. Dobbiamo tutt3 essere liber3 di girare e vivere la nostra vita senza dover finire sui social di qualcuno, trasformati in contenuto e sottoposti a commenti (non importa se positivi) che non abbiamo né richiesto né sollecitato. Abbiamo diritto alla riservatezza della nostra immagine e al controllo su di essa. Non importa quanto siano buone le intenzioni, quando, di fatto si sta sbattendo sui social qualcuno che non lo ha chiesto.
NB. Mi riferisco a foto e video fatti con l'intento di ritrarre persone incontrate per caso e non quelli fatti per ritrarre un panorama o un monumento in cui per caso ci sono anche delle persone, magari non riconoscibili. In ogni caso, usa la tecnologia per nascondere i visi dei passanti che non sono le comparse nel film della tua vita.
6-
Rivolgiti al prossimo col rispetto che merita anche quando la sua esperienza di vita è molto diversa dalla tua. Impara a usare un linguaggio ampio* e studia per smantellare tutte le impalcature culturali che portano inevitabilmente a esprimerci con stereotipi e pregiudizi.
Al tempo stesso, il beneficio del dubbio a chi si macchia di affermazioni e comportamenti discriminatori non aiuta nessuno. Conversare amabilmente con razzisti, omofobi, misogini, fascisti, e via discorrendo non farà loro cambiare idea, non ti rende civile o superiore, ma aiuta loro a spargere le proprie idee e principi.
[*Ndr: Ampio è usato al posto di inclusivo, perché inclusivo prevede un gruppo che concede l’inclusione a un altro gruppo, rendendo implicita una gerarchia tra gruppi sociali che, personalmente, aborro. Grazie Tostoini per questa parola!]
7-
Quando usi i social, tieni presente i loro meccanismi peculiari e cerca di minimizzare i danni. Per esempio, se condividi un contenuto sensibile di qualsiasi tipo (come un racconto di molestie) usa i "content warning" e "trigger warning", ovvero avvisa PRIMA che ciò che stai per condividere potrebbe essere disturbante per qualcuno, in modo che le persone possano scegliere se proseguire con la fruizione del contenuto o meno.
Oppure se usi un social in cui chi ti segue può vedere le tue interazioni coi contenuti altrui, cerca di minimizzare i traumi (contenuti che includono violenza, morte e distruzione) o anche solo la diffusione di contenuti deleteri (fake news, commenti di odio) diminuendo queste interazioni, che spesso non sono necessarie.
Considera che, anche se condividi un post, un articolo, o una foto per criticarli, stai comunque diffondendo quel messaggio.
NB. Per approfondire ti consiglio il libro: Non pensare all'elefante! Come riprendersi il discorso politico. Le tecniche per battere la destra e reinventare la sinistra, a partire dalle parole che usiamo ogni giorno di George Lakoff.
8-
Modera i tuoi spazi, per quanto possibile, per evitare ai tuoi follower un'esperienza sgradevole. No, non è censura, ma, appunto, moderazione ovvero mettere un limite a ciò che i visitatori delle tue pagine possono o non possono dire.
Il limite, a mio avviso, è la civile convivenza. Puoi darti delle linee guida che corrispondano ai tuoi valori e principi e seguirle.
Fai solo attenzione: qualcuno che si lamenta di un tuo prodotto o del tuo brand è un conto, qualcuno che arriva ad insultare è un altro. Nel primo caso (SECONDO ME) cancellare vuol dire nascondere la polvere sotto il tappeto mentre nel secondo vuol dire moderare.
9-
Cura i contenuti a cui ti esponi, non è salutare provare frustrazione e fastidio ogni volta che apri un social. Blocca, nascondi, silenzia, metti un timer per non passare troppo tempo sui social se ti accorgi che ti provocano queste sensazioni. Per noi che li usiamo per lavoro è particolarmente importante riuscire a starci con serenità, pena l’esaurimento e il rifiuto totale che può portare a danni alla nostra attività.
Social etici, secondo me
Cosa vuol dire etico quando si parla di social? Per quanto mi riguarda, considero dei social etici se:
1. Il loro funzionamento (es. Gli algoritmi che decidono che contenuti mostrare) non arreca danno agli utenti, in particolare alle categorie già oppresse e discriminate.
2. Le persone che lavorano per l'azienda non sono sfruttate o maltrattate in alcun modo.
2.bis. L'azienda assume i dipendenti in modo che rappresentino il mondo reale e non siano la solita bolla di maschi bianchi eccetera e, ancora meglio, abbia dei reparti che si occupino di etica e in maniera specifica di studiare e mettere in luce i bias degli algoritmi.
3. Prendono provvedimenti ragionevoli per assicurare agli utenti, in particolare alle categorie oppresse e discriminate, un uso sereno della piattaforma, ovvero effettuano una moderazione efficace dei contenuti.
4. I proprietari, fondatori e/o investitori non usano i social per i propri scopi personali di guadagni e potere. (Utopico, lo so).
5. Implementano una politica trasparente dei dati e del loro utilizzo, ancora meglio, usano i dati degli utenti il meno possibile e non li usano per fini illeciti o immorali (es. Venderli ad aziende che poi li usano per campagne di fake news).
Se i social di per sé sono tutt'altro che etici, il nostro utilizzo dei social, però, può provare a essere etico. Possiamo tentare di usarli nel modo in cui pensiamo facciano il minor danno possibile, perché oramai sono parte integrante delle nostre vite e credo valga ancora la pena provare ad abitarli in una maniera costruttiva.
Riflessione: social liberi e democratici?
Non esiste un social (o un posto) su internet che sia davvero di tutti o democratico, perché i "luoghi" online sono sempre stati di proprietà di qualcuno.
Lo spazio online non è fatto di etere, ma di posti fisici, ovvero i server, che contengono i file e il codice che crea i siti. Mantenere questi spazi ha dei costi che in pochi possono permettersi per numeri così grandi come quelli dei social più diffusi.
La concezione dei social come piazze libere e democratiche è quindi un mito. Alcuni social più di altri si sono prestati all'incontro e alla discussione tra pari, tra persone che altrimenti non si sarebbero mai incrociate, ma ricordiamo che:
1. Ci sono gli algoritmi che decidono chi vede cosa. Questi algoritmi sono creati da persone con dei pregiudizi e sono creati al fine di massimizzare la raccolta dei dati di navigazione degli utenti (cosa apprezzano e cosa no) che saranno poi usati per la targettizzazione da parte degli inserzionisti, ovvero le aziende che pagano per mostrare i propri annunci agli utenti dei social.
2. Esperti e non esperti hanno le stesse possibilità di diffusione dei contenuti. Lo abbiamo visto con la pandemia ma in maniera minore questo è un problema che era già emerso negli ultimi anni: spesso è difficile controllare la veridicità dei contenuti.
“[...] la disintermediazione elimina ogni filtro, offre a tutti la possibilità di parola e rende estremo il concetto di democrazia del web dove la credibilità non si guadagna soltanto per titoli di studio e curricula, ma anche per visibilità, carisma, capacità di raccontare i fatti in modo accattivante.” [Fonte]
[Approfondisci: Information Overload Helps Fake News Spread, and Social Media Knows It]
3. I personaggi famosi e/o potenti hanno più potere rispetto agli altri utenti di diffondere i contenuti e possono usare questo potere a proprio vantaggio (te lo ricordi Trump?) o per scagliarsi contro gruppi già oppressi e discriminati (vedi JKR).
4. Sono governati da poche persone. Uno o pochi decidono e gli utenti i si muovono dentro i perimetri di queste decisioni. Ho visto sin troppi social nascere e morire perché chi li gestiva non aveva più le risorse per mantenerli o non incontravano più il favore del pubblico, causando la perdita di investitori. Gli utenti dei social non possiedono niente all’interno di essi, a malapena le proprie informazioni. I contatti, le relazioni, gli spazi, possono cambiare, svanire, essere cancellati in un attimo, come ben sa chiunque abbia visto il proprio profilo essere sospeso da un giorno all’altro, spesso senza motivo. Ripeto, questo rischio era la norma, era scontato ed era accettato da chi usava internet 10, 15 o 20 anni fa (leggi più avanti). Ora è meno chiaro perché chi ha iniziato a usare internet direttamente coi social ha perso tutta la “formazione” alla socialità online che invece gli altri avevano già acquisito (RIP Netiquette).
C’è poi il discorso “libertà di parola”, invocato da chi pensa che sui social chiunque possa dire qualsiasi cosa e che quindi siano posti di libertà assoluta.
Questo fraintendimento credo si sia creato con il passaggio da spazi piccoli e fortemente moderati (community nate intorno a forum, blog o mailing list) ai social molto popolosi e utilizzabili via app su smartphone da chiunque.
Sui social, come su qualsiasi altro sito, vigono delle regole perché sono degli spazi privati (di proprietà di qualcuno) che gli utenti possono usare previa accettazione di alcune condizioni. Il problema è che queste regole non vengono fatte rispettare o a volte sono interpretabili in vari modi che non rendono efficace la moderazione.
Sin dagli inizi sui social c'è stata la quasi totale assenza di moderazione, che prima invece esisteva negli altri luoghi di internet. Nei forum, mailing list, o nelle community online, per quanto grandi, se si contravveniva al regolamento locale si veniva cacciati. Si diventava dei paria di quella comunità. Ciò era possibile perché le persone che frequentavano questi posti erano molte di meno.
I social hanno visto gli utenti salire fino a numeri paragonabili a nazioni o continenti (FB ha quasi 3 MILIARDI di utenti attivi mensili - fonte) e questa assenza di moderazione - o risicata presenza, a seconda del social - solo tamponata dall’intelligenza artificiale, ha un semplice motivo: la moderazione di contenuti efficace può solo essere fatta da persone in carne e ossa che sappiano cogliere sfumature, contesto e significati di foto, video e testi in tante lingue diverse. Le intelligenze artificiali, ad oggi, non riescono a riconoscere in maniera efficace bullismo, razzismo, misoginia, abilismo e altre forme di molestie per poterle poi eliminare.
Mi sembra scontato dire che questo tipo di risorse hanno un costo molto elevato che, a quanto pare, le aziende non sono disposte a pagare.
Migrare su altri social risolve ben poco, non ci protegge dal ripetersi di ciò che è già accaduto, almeno finché i social saranno creati e gestiti sempre dalla solita tipologia di persone e finché avranno dei costi alti di gestione non sostenibili da piccole entità, private o pubbliche. Perché i costi ci sono sempre e qualcuno se li deve accollare.
Forse dovremmo iniziare a pensare a un futuro senza social (per come li conosciamo ora) o con una versione diversa, davvero democratica, di internet. Per ora internet (inteso come tutti gli spazi online, social compresi) è di chi ha tanti, troppi soldi e viene usato per scopi di guadagno e di potere.
Sì, viene anche usato per scopi nobili, per fortuna; tante persone trovano su internet la propria community (io sono una di queste!), c’è un accesso alla conoscenza mai visto prima e non scordiamo come i social siano stati d’aiuto a delle rivoluzioni come la Primavera Araba e la più recente in Iran e come sia stato cruciale per portare alla luce le storie di abusi col #metoo e #quellavoltache.
Però è sempre più difficile tenere a bada gli aspetti negativi e oggi è faticoso stare sui social come non lo era 5 o 10 anni fa.
Che ne pensi?
Quindi ti chiedo: secondo te, come dovrebbe essere un luogo online pensato e creato per TUTT3? Quali caratteristiche dovrebbero avere dei social davvero democratici ed etici? Chi dovrebbe moderarli e come?
Perché la moderazione è necessaria quando l'auto-moderazione fallisce. E abbiamo ormai visto che fallisce. L'odio non è un'opinione e i comportamenti violenti non dovrebbero avere spazio nella società come nella vita online.
Non mi aspetto risposte definitive, ma credo che sia venuto il momento di iniziare a immaginare altri posti e altri modi di stare online, modi che siano davvero di tutt3 e per tutt3.
Fran
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Ringraziamenti:
Grazie a Giada R., Laura D., Laura L., Luisa L. per aver letto e riletto questo papiro e avermi aiutato a correggere e chiarire molti punti.